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Fotografare, una volta, era una passione costosissima piena di incertezze e riservata a pochi.​

Fino a quando la foto non era sviluppata il dubbio di aver sbagliato a calcolare i tempi, il diaframma e persino il fuoco mi rodeva dentro coma un tarlo.

Lo scatto era per lo più unico perchè il costo dello sviluppo era tale che non mi potevo permettere tanti tentativi.

Queste difficoltà oggettive, sommate al fatto che quanto fotografavo mica stava lì ad aspettare che tornassi un'altra volta per fare meglio, davano valore alla fotografia e grande soddisfazione a me che l'avevo scattata.

 

Oggi chiunque è in grado di fare una bella foto; poter vedere in anteprima il risultato, non aver limiti nel numero di scatti ed avere a casa l'amico fotosciòp che può correggere gli errori, fa sì che sbagliare sia diventato praticamente impossibile.

Il risultato è una montagna di immagini personali chiuse in un pc e condivise col resto del mondo che hanno il solo scopo di documentare in modo ossessivo ogni attimo della nostra esistenza facendoci così perdere la capacità di scegliere e di ricordare.

 

Dove cercare allora il senso, il significato, il valore di una fotografia?

Nell'attenzione.

Nella ricerca.

Nella scelta.

Nella capacità di saper cogliere quei "frames around us" che non smettono mai di girarci attorno ma che solo occhi che distinguono e preferiscono sanno vedere.

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